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Invictus
Spero vi sia piaciuto il film di Clint Eastwood con Morgan Freeman e Matt Demon.
Per chi non l'avesse visto: Mandela, nominato Presidente del Sud Africa dopo
anni di apartheid e di prigione, cerca di rappacificare bianchi e neri tramite
l'esaltazione sportiva per la squadra nazionale di Rugby e la vittoria di questa
nella Coppa del Mondo giocata, per l'appunto, in Sud Africa. Di quali identità
stiamo parlando?
I Bianchi e i Neri, anzitutto: contrassegnati da una lunga contrapposizione,
anche violenta, che ha visto la vittoria dei Neri e la sconfitta dei Bianchi. I
tifosi della squadra di Rugby, prima solo Bianchi, poi anche Neri. I
Sudafricani. Con l'eleganza di un teorema matematico, il conflitto fra Bianchi e
Neri viene superato sublimandolo nella comune, nuova identità di cittadini del
Sudafrica; e questo, grazie alla mediazione di un'identità accessoria e
simbolica, quella di tifosi della Nazionale di Rugby.
Sulla carta, sembra semplice; che poi abbia veramente funzionato, stia
funzionando, continuerà a funzionare, sembra un miracolo ed è comunque una
scommessa a rischio. Prendiamolo come l'indicazione di una possibilità.
Tutti quanti vorremmo avere la bacchetta magica per risolvere i conflitti.
Sappiamo che tale prodigio non è a portata di mano; tuttavia, il film ci ricorda
l'esistenza di una strada possibile, per quanto difficile: sublimare le
"vecchie" contrapposizione identitaria all'interno di una "nuova" identità. A
parte tutto, ci voleva, un soffio di speranza.
Qualche consiglio di lettura:
Dalla Giustizia alla Guerra
Le Due Macedonie
Ma che bella guerra
Vincere - o no
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